

«Cristo è l’icona del Dio invisibile»
La parola ‘ icona ’ deriva da una parola greca, eikon, che significa ‘immagine ’, di larga applicazione; nella storia dell’arte però, ed anche nel conversare comune, la parola icona è riservata ad una pittura, spesso portatile, di genere sacro, eseguita su tavola di legno con una tecnica particolare e secondo una tradizione tramandata nei secoli. L’Oriente bizantino è la patria dell’icona e con cura ha custodito capolavori artistici, giunti fino a noi, il cui valore spirituale è grandissimo.
Sulle icone sono rappresentati Gesù Cristo, la Madre di Dio, angeli, santi o altri soggetti religiosi, ma l’icona è molto di più di una semplice raffigurazione e solo l’evento dell’incarnazione di Nostro Signore l’ha resa possibile.
L’ora della nascita terrena del Figlio di Dio è l’ora della nascita dell’icona: Gesù Cristo infatti non èsoltanto il Verbo di Dio, ma anche la sua immagine: «Cristo è l’immagine (eikón) del Dio invisibile »(Col. 1,15).
«Quando vedrai Colui che non ha corpo divenire uomo a causa di te, allora puoi eseguire la rappresentazione del suo aspetto umano. Quando l’lnvisibile, rivestitosi di carne, diviene visibile, allora rappresenta l’immagine di Colui che è apparso… Quando Colui che è Immagine consostanziale del Padre, si è spogliato assumendo l’immagine dello schiavo (Fil. 2,6-7), divenendo cosi limitato nella quantità e nella qualità per aver rivestito l’immagine carnale, allora dipingi [ …] ed esponi alla vista di tutti Colui che ha voluto manifestarsi. Dipingi la sua nascita dalla Vergine, il suo battesimo nel Giordano, la sua trasfigurazione sul monte Tabor, dipingi tutto con la parola e coi colori nei libri e sulle tavole » (San Giovanni Damasceno).
L’icona è «canale di grazia con virtù santificatrice»
L’espressione si trova in san Giovanni Damasceno e ci fa capire perché anche attualmente per gli ortodossi la funzione preminente di una icona non è quella didattica: dopo la benedizione, è un sacramentale, cioè segno di grazia, non al modo dei sacramenti, efficaci in virtù dell’istituzione di Cristo, ma in virtù dei poteri e della preghiera della Chiesa. È quindi un aiuto per la vita spirituale del cristiano che ne usa con rispetto e con fede.
L’icona rende presente la persona raffigurata
«Ciò che il Vangelo ci dice con la parola, l’icona ce l’annuncia coi colori e ce lo rende presente », afferma un Concilio orientale. Rappresentando Gesù Cristo, la Madre di Dio, gli angeli o i santi, l’icona li rende misteriosamente presenti e questo distingue nettamente l’icona da un quadro. Evidentemente il luogo di questa presenza non è né la tavola di legno, né i colori, ma la somiglianza al prototipo, a colui che è rappresentato sull’icona, somiglianza che deve essere riconosciuta dalla Chiesa prima della benedizione dell’icona.
È del resto significativo che santa Bernadetta, invitata a scegliere tra varie immagini della Madonna, quella più somigliante alla visione avuta a Lourdes si sia fermata senza incertezza su un’icona bizantina della Vergine dipinta nel secolo XI.
L’icona è «luogo d’incontro»
«L’icona – dice il VII Concilio ecumenico – è per noi l’occasione di un incontro personale, nella grazia dello Spirito, con colui che essa rappresenta[…] Più il fedele guarda le icone, più si ricorda di colui che vi è rappresentato e si sforza d’imitarlo; ad esse egli testimonia rispetto e venerazione, ma non l’adorazione che è dovuta unicamente a Dio ». Quanti fedeli ortodossi anche oggi si recano a pregare presso una icona proprio con la fiducia di un incontro benefico con una realtà personale anche se invisibile!
(presentazione tratta da «Le Icone. Immagini dell’invisibile», suor Maria Donadeo, Brescia 1980)