Teresa de Ahumada nasce ad Avila il 28 marzo 1515 e muore il 4 ottobre 1582 ad Alba de Tormes.
Il XVI secolo in Spagna è stato un secolo ricco di molti movimenti spirituali, alcuni restarono nell’alveo della Chiesa cattolica, altri caddero in errori ed eccessi. Ma in tutti possiamo scorgere un desiderio profondo di conoscere Dio. Si può dire che era diventata quasi una moda di quei tempi: tutti desideravano essere “spirituali”!
La formazione di Teresa
Teresa è una bambina vivace e la sua allegria contagiosa sarà un tratto permanente del suo carattere. Impara a pregare in famiglia; fin da bambina cerca la solitudine e il silenzio per incontrare quel Dio di cui le parla soprattutto la madre:
“Mio padre amava molto la lettura dei buoni libri, e ne teneva diversi in lingua volgare perché li leggessero anche i suoi figli. Mia madre aveva cura d’insegnarci a pregare, e ci raccomandava di essere devoti della Madonna e di altri santi in particolare. Avevo sei o sette anni, quando in seguito a queste attenzioni l’anima mia si sentì portare alla pietà, indottavi specialmente dal non vedere nei miei genitori altro che incitamento alla virtù: essi, infatti, ne avevano molta” (V 1,1).
Teresa vive la sua infanzia immersa in un profondo sentire spirituale (V 1, 4-7) e con la forza che viene dalla fede affronta la morte della madre quando lei aveva poco meno di dodici anni. Sente però il contraccolpo della perdita della madre durante l’adolescenza, tempo in cui dice di essersi “raffreddata” nella fede. Si risveglia in lei il desiderio di “apparire” (V 2,2) tipico dell’adolescente alla ricerca della sua identità.
A 18 anni le capita di leggere un libro sulla preghiera che segnerà il ritorno alla sua fede di bambina. Il libro era il Terzo Abecedario di fra Francesco de Osuna. Vi trova un insegnamento impegnativo sulla preghiera. Impara che per avanzare nella preghiera deve crescere nella conoscenza dell’amore di Dio per lei e deve studiare di raccogliersi nella sua interiorità. Nella nostra interiorità noi conosciamo per esperienza quello che siamo alla luce dell’amore di Dio. Questo desiderio di incontro intimo con Dio ha guidato poi Teresa per tutta la vita. La preghiera infatti non è la mèta ma la strada.
Teresa carmelitana
A 21 anni circa, dopo un lungo e combattuto discernimento, Teresa entra nel monastero delle Carmelitane della sua città di Avila. Al Carmelo dell’Incarnazione si viveva secondo la Regola carmelitana che mette al centro della vita spirituale la preghiera incessante e l’ascolto-meditazione della Parola di Dio.
Teresa non tarda a capire che la preghiera non è avulsa dalla vita, anzi che chi vuole pregare deve vivere come un orante. Non sono le tecniche o i metodi che fanno di noi uomini e donne di preghiera, ma la nostra vita quotidiana. Al Carmelo non si propone altro che una vita centrata sul vangelo, le cui parole raccoglievano in modo del tutto particolare la giovane Teresa (C 21,4). Anche gli altri santi del Carmelo hanno intuito questa precedenza fondamentale su tutto. Il Carmelo offre una spiritualità pura, senza metodi complicati o devozioni particolari per cui tutti possono attingervi.
Da giovane Teresa si sente attratta dalla meditazione, quella parte della lectio divina che consiste in un trattenere nella propria interiorità la Parola di Dio letta e ascoltata. Da questa custodia sfocia naturalmente la risposta, il colloquio con Dio. Durante la meditazione Teresa “pensa”, usa la sua intelligenza per penetrare il senso della Parola e tra tutti gli oggetti di meditazione preferisce la preghiera nell’orto e la passione di Gesù. Teresa però trova delle difficoltà nel meditare: fatica a concentrarsi, è spesso distratta e soprattutto la sua vita non è sempre coerente con la Parola che ascolta. Per aiutarsi la vedremo andare alla preghiera con un libro, in modo particolare il Vangelo, da cui legge alcuni passi per raccogliere i pensieri e lo spirito.
La crisi di Teresa
Per Teresa la preghiera non è che un fatto di amore (V 7,12) e proprio per questo entra in crisi. E’ una monaca stimata e ricercata perché affabile e interessante nella conversazione. Inizia a prendere l’abitudine di trattenersi spesso con amici e conoscenti in parlatorio e giorno dopo giorno si “innamora” di questi e tralascia la preghiera. Ce lo insegna Gesù, non si possono amare due cose contemporaneamente: o Dio o la ricchezza, in questo caso l’affetto e l’amicizia di cui Teresa si sentiva circondata (cf. Mt 6,24). Teresa è combattuta e tralascia la preghiera giustificandosi con l’affermazione che non è degna di pregare! Falsa umiltà… di cui Teresa parlerà spesso nei suoi scritti futuri.
Teresa è colpita dal racconto del giovane ricco (Mc 10,17-22) che si allontana triste incapace di rispondere all’amore di Gesù, amore che chiede radicalità, il dono incondizionato di ogni ricchezza personale. “Lasciarsi possedere” dalle proprie ricchezze può portare alla perdita dell’unico bene che è l’amicizia-amore di Gesù. Pieni di beni non si può seguire il Bene.
Questo “tradimento” durerà circa un anno poi, a 28 anni, si riprende e ritorna alla pratica della preghiera silenziosa quotidiana. Ciò che la riavvicina è la malattia e la morte del padre che lascia la vita terrena dandole un esempio di vera santità. Era arrivato a quel punto seguendo i consigli della figlia monaca! Quale paradosso! Teresa prende la risoluzione di non abbandonare più l’ora della preghiera anche se per molto tempo soffrirà una forte aridità di spirito. In questi anni Teresa apprende che chi vuole diventare amico di Dio, chi vuole essere un vero orante, deve armarsi di coraggio e determinazione perché la strada è spaziosa e sicura, ma imprevedibile e faticosa. Durante l’ora della preghiera guarda continuamente la clessidra ma il tempo scorre troppo lentamente per lei che non trova più alcuna soddisfazione nella preghiera, come invece le accadeva in passato.
La conversione
Questa prova di aridità la prepara profondamente al culmine della sua conversione – così lei stessa la chiama – che avviene a circa 40 anni. Gesù trova Teresa malata, stanca e affaticata, ma ancora sulla strada della preghiera. Non l’ha abbandonata, è vero, ma c’è ancora qualcosa che non va… Teresa trattiene qualcosa per sé, non si è donata del tutto.
Non è una conversione morale, da una vita meno perfetta a una più perfetta, ma è un incontro, nuovo e definitivo con Gesù, vero uomo e vero Dio. E’ la resa di Teresa di fronte all’amore gratuito di Dio. Lo sguardo di Gesù la investe. Teresa percepisce che l’uomo non può salvarsi con le proprie forze o grazie alle proprie ricchezze… anche spirituali! Indipendentemente da ciò che è o possiede l’uomo dipende da Dio.
Si trova in un oratorio davanti a una statua dell’Ecce homo e prega. Come non mai si sente avvolta dall’amore misericordioso di Cristo, davanti alle sue ferite d’amore consegna tutta la sua presunzione di poter camminare con le proprie forze sulla via della santità.
“Ormai la mia anima si sentiva stanca e voleva riposare, ma le sue perverse abitudini glielo impedivano. Entrando un giorno in oratorio, i miei occhi caddero su una statua che vi era stata messa, in attesa di una solennità che si doveva celebrare in monastero, e per la quale era stata procurata. Raffigurava nostro Signore coperto di piaghe, tanto devota che nel vederla mi sentii tutta commuovere perché rappresentava al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi: ebbi tal dolore al pensiero dell’ingratitudine con cui rispondevo a quelle piaghe, che parve mi si spezzasse il cuore. Mi gettai ai suoi piedi in un profluvio di lacrime, supplicandolo a darmi forza per non offenderlo più. Nulla mi fu più utile che di prostrarmi innanzi alla statua che ho detto. Io allora diffidavo molto di me e mettevo ogni fiducia in Dio. E mi pare che gli dicessi che non mi sarei alzata dai suoi piedi, se non mi avesse concesso quello di cui lo pregavo. Certamente Egli mi deve avere ascoltata, perché d’allora in poi mi andai molto migliorando” ( V 9,1.3).
Gli ultimi 28 anni della sua vita saranno un dono di sé incondizionato a Dio. Tutto in lei diviene preghiera perché l’intera sua giornata è un dialogo incessante e familiare con Gesù. Teresa cresce anche nell’amore verso il prossimo, che è l’unico vero segno dell’ autenticità della preghiera. Desidera che la sua preghiera sia sempre offerta per la salvezza dell’umanità e per il bene della Chiesa, essendo missionaria pur restando all’interno delle mura del suo monastero.
Teresa orante
Ecco il suo “metodo” di preghiera:
“Questo era il mio metodo di orazione. Non potendo pensare molto con l’intelligenza, procuravo di rappresentarmi Gesù Cristo dentro di me, specialmente in quei tratti della sua vita in cui lo vedevo più solo, e mi pareva di trovarmi meglio. Mi sembrava che, essendo solo ed afflitto, mi avrebbe accolta più facilmente, come persona bisognosa d’aiuto. Di simili ingenuità ne avevo parecchie.
Mi trovavo molto bene con l’«orazione dell’orto» dove gli tenevo compagnia. Pensavo al sudore e all’afflizione che vi aveva sofferto, e desideravo di asciugargli quel sudore così penoso. Ma ripensando ai miei gravi peccati, ricordo che non ne avevo il coraggio. Me ne stavo con lui fino a quando i miei pensieri lo permettevano, perché mi disturbavano assai.
Fermarmi alquanto sull’orazione dell’orto era l’esercizio che praticavo, da vari anni, quasi tutte le sere prima d’addormentarmi, quando mi raccomandavo a Dio, e ciò anche prima che divenissi monaca” (V 9, 3-4).
Il cammino della preghiera porta Teresa a credere alla presenza di Cristo dentro di lei, nella sua interiorità. Questa presenza amichevole dona senso alla sua vita, non la fa sentire più sola. Per questo naturalmente Teresa vivrà d’ora in poi l’amicizia con passione, ma senza più dipendenze.
Teresa passa dalla meditazione alla relazione:
“L’orazione silenziosa non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenersi in solitudine con Colui dal quale sappiamo d’essere amati.
Ma voi direte che ancora non lo amate.
Sì, perché l’amore sia vero e l’amicizia durevole, occorrono parità di condizioni, e invece sappiamo che mentre nostro Signore non può avere alcun difetto, noi siamo viziosi, sensuali ed ingrati, per cui non lo possiamo amare quanto Egli si merita. Tuttavia, considerando quanto vi sia vantaggioso averlo per amico e quanto Egli vi ami, sopportate pure la pena di stare a lungo con uno che sentite così diverso da voi” (V 8,5).
La preghiera è un atteggiamento di ascolto, il desiderio di stare con Gesù per sapere cosa ha da dirci. La definizione della preghiera di Teresa è evangelica perché è quello che Gesù faceva con il Padre suo e che ha sintetizzato per noi nel Padre nostro. Gesù godeva di passare tanto tempo con suo Padre. Teresa segue e cerca Gesù nella sua concretezza, nella sua umanità. Da lui impara che la preghiera è stare con il Padre in modo gratuito, spesso e in solitudine. Teresa non prega per dare culto a Dio, ma vive la preghiera come una semplice manifestazione di amicizia. La vita quotidiana poi è il prolungamento e la prova di questa amicizia.